venerdì 14 agosto 2009

Per non dimenticare mai Giuseppe Sarchione

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Morte al Vietri, si indaga per omicidio. Sequestrati gli atti
Ci sono i nomi di alcuni indagati sul registro della Procura in seguito al decesso di Giuseppe Sarchione, termolese 80enne morto per complicanze post operatorie dopo un intervento di routine in oculistica. Gli inquirenti stanno verificando i riscontri al drammatico racconto della famiglia, che ha evidenziato carenze e ritardi nei soccorsi. Acquisita la cartella clinica, che secondo indiscrezioni sarebbe vuota. Intanto sono concluse le indagini sul decesso di Filippo Rettino, anche lui deceduto al Vietri di Larino. Avvisi di conclusione notificati ai due indagati per omicidio volontario: Sergio Florio e Mario Verrecchia.

Larino. La morte di Giuseppe Sarchione, 80 anni di Termoli, come quella di Filippo Rettino, 75 anni di Larino? Entrambi pensionati, entrambi bisognosi di un intervento ospedaliero. Entrambi ricoverati al Vietri. Entrambi morti.
Ma c’è anche un’altra cosa che accomuna due casi di presunta malasanità all’apparenza indipendenti e clinicamente dovuti a cause diverse. Ed è l’iscrizione sul registro degli indagati di alcune persone con l’accusa di omicidio.
La Procura di Larino non dice nulla, sul punto. L’inchiesta, scattata subito dopo la denuncia dei parenti dell’anziano termolese, è come si dice in questi casi “avvolta nel riserbo”. Quello che tuttavia è emerso – e del resto è una procedura doverosa - è che i nomi di medici e non solo sono stati scritti nero su bianco sul registro degli indagati. Accanto all’ipotesi di reato di omicidio. Non si sa se si tratti di omicidio volontario – come ipotizzato per l’ex direttore generale Sergio Florio e per l’ex manager della Asl Basso Molise Mario Verrecchia in riferimento alla morte di Rettino – oppure omicidio colposo, dovuto a negligenze e inosservanze.


Per definire il reato si aspetta anche di conoscere i risultati dell’esame autoptico al quale è stato sottoposto lunedì pomeriggio Giuseppe Sarchione, che la famiglia e gli amici hanno salutato per l’ultima volta ieri – martedì – nella chiesa di San Timoteo. Gli inquirenti, coordinati dal sostituto procuratore Arianna Armanini, hanno acquisito gli atti opsedalieri, fra i quali la cartella clinica. Che secondo indiscrezioni trapelate negli ambienti di Palazzo di Giustizia è vuota. Nessuna nota sulle condizioni cliniche di Giuseppe Sarchione, niente circa le precedenti malattie, le patologie in atto, la diagnosi, le eventuali allergie ai farmaci e nessun riferimento nemmeno al fatto che il paziente, sottoposto a un intervento ambulatoriale all’occhio per un pterigio (piccola escrescenza che a lungo andare avrebbe potuto compromettere la vista) aveva un bypass cardiaco.


L’indagine verte sulla tempistica e le modalità del trattamento post operatorio, per il quale i familiari hanno denunciato molteplici carenze. Si cercano riscontri al drammatico racconto dei parenti, che hanno riferito agli stessi carabinieri come il medico che ha operato Giuseppe Sarchione sia andato via una volta terminato l’intervento col laser, prima delle dimissioni dell’anziano. E ancora, si cerca di accertare se e perché la mascherina dell’ossigeno non funzionava correttamente, come mai il defibrillatore non era immediatamente disponibile e aveva bisogno di essere prelevato da “un’addetta”, e come mai i soccorsi hanno tardato tanto (circa mezz’ora dopo i primi sintomi di difficoltà respiratorie, in base a quello che la famiglia ha raccontato). Ma si indaga anche, e non potrebbe essere altrimenti, sulla mancata attivazione del letto di terapia intensiva che al Vietri di Larino che, a giudicare da quanto ammesso in più occasioni dagli stessi medici, non è mai stato funzionante. Ancora una volta, come già accaduto per la morte di Filippo Rettino, la mancata apertura della Rianimazione, costata 500mila euro ma mai uscita dal cellophane, potrebbe essere corresponsabile del decesso. Gli investigatori, col supporto dei risultati dell’autopsia, dovranno rispondere a quella che sembra essere la più delicata delle domande: perché al Vietri di Larino si effettuano interventi chirurgici su pazienti a rischio in assenza di un parametro di sicurezza imprescindibile come appunto la Rianimazione? A chi vanno addebitate le responsabilità di una simile situazione?


Il Procuratore capo Nicola Magrone, che si è occupato direttamente dell’inchiesta sulla morte di Filippo Rettino, ha ritenuto che responsabili del decesso del pensionato di Larino sono state le scelte aziendali che impedirono di aprire la Rianimazione al Vietri. Scelte che vanno ascritte ai presunti comportamenti omissivi di Segio Florio e Mario Verrecchia, entrambi indagati per omicidio volontario. Il secondo, l’ex manager della Asl Basso Molise, ha chiesto di incontrare il Procuratore Magrone, che l’ha ascoltato negli uffici frentani. Risale a pochi giorni fa la notifica a loro carico della conclusione delle indagini preliminari. A breve seguirà la richiesta di rinvio a giudizio. E’ evidente che il ragionamento incentrato su quello che in gergo si chiama “rischio calcolato” e l’esito dell’inchiesta su un episodio di malasanità sul quale dovranno pronunciarsi i giudici crea un precedente importante nella storia dell’ospedale Vietri e in generale della sanità molisana.

(Pubblicato il 01/07/2009)

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