lunedì 17 agosto 2009

Per non dimenticare mai Marialuisa Cortese...21 anni



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8 agosto 2006

Il Poli-killer di Messina


La settimana scorsa un'altra ragazza è morta al Policlinico di Messina.
Ormai solo un pazzo può parlare di "fatalità". C'è qualcosa che non funziona nella sanità siciliana. Più di qualcosa.L'ultimo caso, quello della povera Maria Luisa Cortese rende tutto ancora più assurdo. Anche Maria Luisa è morta per complicazioni dovute all'anestesia. Lo stesso motivo che causò la morte del piccolo Davide Campo. Assurdo, dicevamo. Assurdo perchè tra gli anestesisti di Maria Luisa vi erano le stesse persone che hanno "curato" Davide Campo...
"Speriamo che la sua morte serva a qualcosa" si era detto.La morte di Davide Campo non è servita a niente.Servirà a qualcosa la morte di Maria Luisa?Ma è mai possibile che persone sotto inchiesta continuino ad operare?
Una storia che ha tutti gli aspetti di un incubo.

Pubblico di seguito l' articolo di di Michele Schinella dall'ultimo numero di Centonove:

Sanità.Il Polikiller
Riflettori puntati sull’Azienda sanitaria Gaetano Martino di Messina dopo la morte di Maria Luisa Cortese. Uccisa da una crisi seguita al parto cesareo. Non voluto
Determinante l’anestesia, praticata da un’equipe messa già sott’inchiesta.
Seppellire i propri tigli è l’evento più doloroso che possa capitare. Solo chi lo vive può comprenderlo. Pensare che Maria Luisa se ne sia andata perché dei medici hanno fatto male il loro lavoro rende il dolore rabbia. Finché non sapremo la verità non ci potremo dare pace». A Giuseppe Cortese e alla moglie, la verità non permetterà di riabbracciare la figlia Maria Luisa. E la verità non darà a una bimba nata orfana, Antonella Luisa, la madre che l’attendeva con trepidazione per porla al proprio seno. La verità non sarà capace di restituire ai suoi affetti, al suo compagno Luciano, una giovane di 21 anni morta in una sala operatoria del reparto di Ostetricia del Policlinico Universitario di Messina, nel dare alla luce, con parto cesareo, una nuova vita. Tuttavia la verità consentirà, forse, di dare una risposta alla giustizia. Se mai, alla verità, si riuscirà a giungere.
IN CERCA DI UN PERCHE. E’ già trascorsa una settimana dal giorno della tragedia e, questa è l’impressione, non sarà semplice stabilire perché, per Maria Luisa, il 27 di luglio è divenuto l’ultimo giorno di vita. Non sarà semplice accertare se i medici (e quali) hanno commesso un qualche errore o se, come ha dichiarato il direttore generale facente funzioni del Policlinico, Giovanni Materia, gli astri ci hanno messo lo zampino. Il compito della magistratura e dei consulenti tecnici si è fatto particolarmente arduo per il verificarsi di un fatto inquietante.
IL GIALLO DEI DATI. La registrazione dei dati relativi ai parametri vitali (importante per la comparazione con quanto appuntato sulla cartella anestesiologica) che l’apparecchio di anestesia effettua nel corso di ogni intervento chirurgico è andata persa. Tutto cancellato. Ma come è stato possibile? ‘L’apparecchio è di ultima generazione e da quanto mi è stato riferito è risultato perfettamente funzionante. Possiede un dispositivo di registrazione digitale. Se non viene messo in stand by la registrazione continua e si cancellano via via i dati già acquisiti’, spiega il consulente tecnico della famiglia Cortese, Bondi. «Ritengo - aggiunge - che la persona a cui è stata affidato l’apparecchio dopo il sequestro disposto dalla magistratura abbia omesso di porlo in stand by». «Un non addetto ai lavori - conclude - questo non lo sa ma un operatore sanitario, in specie se anestesista, lo sa benissimo». La notizia ha immediatamente messo in fibrillazione il procuratore della famiglia Cortese, Borzì. «Chiederemo subito—sottolinea il legale - che il magistrato titolare dell’inchiesta faccia luce su questa inquietante circostanza. Anche perché a un familiare della donna morta è stato riferito da un medico del reparto di ostetricia che fino alle 23 della notte nella sala operatoria già sequestrata sarebbero stati presenti alcuni medici anestesisti». L’esame autoptico condotto nella giornata di lunedì ha detto con certezza solo che la morte è riconducibile a un blocco respiratorio. Saranno ora determinanti le indagini istologiche, esame delle cartelle cliniche e testimonianze.
UNA SERIEDI ANOMALIE. Quale sarà il risultato degli accertamenti medico legali, gli eventi che hanno scandito la tragica giornata del 27 presentano alcune gravi anomalie. Maria Luisa, si ricovera il 25 nel reparto dove opera l’ostetrico che la segue nel corso dei nove mesi. Per il 27 viene fissato il parto naturale pilotato. Nella mattinata però, succede qualcosa. Il parto, a pilotarlo, neanche si inizia, I medici si accorgono, solo quella mattina, di una sproporzione feto-pelviCa. Ritengono sia necessario procedere a parto cesario. Maria Luisa non ha le contrazioni, la nascitura è in posizione. Non vi è alcuna sofferenza fetale e si è ancora nella 4oesi- ma settimana di gravidanza. Nonostante ciò, si decide di intervenire subito. Per farlo è, però, necessario dichiarare l’intervento urgente. Solo così si può ottenere la disponibilità degli anestesisti. Ma la dichiarazione di urgenza attiva un percorso speciale. Se l’intervento è urgente, allora, non si può somministrare, secondo le cadenze orarie prestabilite, il protocollo terapeutico di prevenzione delle reazioni allergiche che a Maria Luisa era stato prescritto, in considerazione dell’allergia manifestata da piccola ad un antibiotico, nell’eventualità di un’anestesia. Perché si è dichiarato urgente un ìntervento che non lo era? «Operare in urgenza è diventata una prassi. Una prassi che aumenta i rischi. Non lo si fa tanto per ragioni economiche quanto per non impazzire dietro i tempi fisiologici delle patologie. Nei reparti di Ostetricia, poi, a questa prassi, per i medesimi motivi, si aggiunge quella del cesario», spiega un dirigente medico. Maria Luisa entra in sala operatoria intorno alle 13 e 30. Si procede prima ad un’anestesia spinale che non fa effetto, e poi a quella totale. Quando uno dei due chirurghi incide per estrarre il nascituro, intorno alle 14 e 15, Maria Luisa è gia in sofferenza respiratoria, Il sangue si presenta inscurito. Il chirurgo lo comunica all’anestesista e procede all’estrazione della bimba che, in buonissime condizioni di salute, alle 14 e 35 circa, i parenti si vedono passare dinanzi. Solo dopo cinque minuti, alle 14 e 40, scatta l’emergenza con infermieri, medici e portantini che corrono all’impazzata. Che fa l’anestesista nel lasso di tempo che va dal momento in cui insorge la crisi respiratoria a quando scatta l’emergenza rianimatoria? «Si rivolga alla Procura. Le cose non sono andate come avrebbero dovuto»,ha detto, uscendo dalla sala operatoria, uno dei due chirurghi al padre di Maria Luisa. La morte di Maria Luisa ha sollevato altri gravi e inquietanti interrogativi. Da subito. Da quando si è sparsa l’indiscrezione, poi confermata, che dell’équipe di sala operatoria faceva parte la stessa anestesista rinviata a giudizio il 27 aprile scorso, perla morte del piccolo Davide Campo, avvenuta il 19settembre2005, in un’altra sala operatoria del Policlinico nel corso di un intervento di appendicectomia: Rossana Panasiti.
L’OMBRA DI PANASITI. Il suo nome ormai è sulla bocca di tutti. La giovane anestesista, classe 1973, assunta quattro giorni prima con contratto annuale, era da sola il 19 settembre 2005 a garantire le funzioni vitali di Davide. E si è trovata ancora una volta da sola a garantire quelle di Maria Luisa. L’altra anestesista, iscritta nel registro degli indagati, è intervenuta quando era già scattata l’emergenza: questo è ormai certo. «In quella sala operatoria non ci doveva essere», si sente ripetere nei corridoi e in ogni stanza del Policlinico.
DOMANDE SENZA RISPOSTA. Ma l’allora Direttore sanitario Giovanni Materia non aveva garantito che l’anestesista in questione «sarebbe stata impiegata in compiti che escludono una sua attività autonoma e diretta in sala operatoria?». Non si era stabilito che, anche a sua tutela, Rossana Panasiti dovesse sempre essere accompagnata da un’anestesista più anziano? E, se così era, perché non è stato? Giovanni Materia a queste domande ha preferito non rispondere. Le stesse, angoscianti domande, si potrebbero rivolgere al Direttore dell’Unità operativa di Anestesia, cui la Panasiti appartiene. Giovanni Materia promette ora che «l’Azienda Policlinico, se emergeranno responsabilità colpose, procederà alla risoluzione del contratto di lavoro e alla costituzione di parte civile nel giudizio penale». Subito dopo la morte di Davide, all’esito delle prime indagini della commissione interna, il Direttore generale, con provvedimento del 28 settembre 2005, dispose l’avvio del procedimento diretto alla risoluzione del contratto e alla sospensione cautelare per un mese dell’anestesista. Il mese trascorse, le indagini andarono avanti, la perizia mise in rilievo gravi responsabilità dell’anestesista, che venne rinviata a giudizio (e, il Policlinico, non risulta tra le parti civili). Intanto, del procedimento amministrativo si perde ogni traccia. Tenta di rinvenirla, la traccia, il legale della famiglia Campo. A specifiche richieste gli si risponde che non appena si assumeranno decisioni gli verranno comunicate. Sta ancora aspettando. Nel frattempo, Rossana Panasiti partecipa a una nuova selezione per il reclutamento di medici anestesisti. Risulta la prima e si guadagna il diritto a un nuovo contratto annuale rinnovabile per altri tre. E continua a svolgere il suo lavoro.
LA TRAGEDIA RINNOVATA. La madre di Davide Campo questo non l’ha mai accettato. Lei, che la tragedia l’ha vissuta sulla propria pelle non perdeva occasione, per manifestare la sua indignazione. «Mio figlio ormai è morto. Vorrei, almeno, che la sua morte servisse a impedir nuove assurde morti» diceva, inascoltata, la signora Rosaria. «La morte di Davide non è servita a nulla», andava sussurrando, sconsolata, nel corso delle esequie funebri di Maria Luisa.